Dopo un paio di ore di viaggio, l’autista del minivan mi lascia con un sorriso ad un incrocio assolato augurandomi buona fortuna.
A pochi metri da me un signore anziano - che deve aver capito tutto - cattura il mio sguardo, indica la montagna verso cui sono diretta e monta in sella pronto a portarmi a destinazione.
In un lampo mi balenano storie di viaggiatori e malintenzionati. Declino gentilmente l’invito mimando l´atro mio desiderio, pranzare.
Una schiera di opzioni poco invitanti mi convincono a saltare il pasto e ricorrere subito alla mia fidata app per arrivare a destinazione quanto prima. Dopo qualche tentativo mi rendo conto di essere in un’area troppo remota perché queste diavolerie digitali possano funzionare.
Alzando lo sguardo trovo una donna intenta a spadellare qualcosa dietro il suo banchetto ambulante. Mi incuriosisce e a gesti mi comunica di avere ben 2 tipi di frittelle vegetariane. Decido di premiare la sua simpatia e alla stesso tempo di mettere un po´di fieno in cascina:
l´ hiker che e´ in me ha giá deciso di mettersi in cammino. Una bella passeggiata su per la montagna non può che farmi bene dopo diversi giorni nella frenetica e irrespirabile Saigon.
Armata di 2 pesanti zaini e con un solleone al seguito, accetto di buon grado il sollievo offertomi dalle ombre degli alberi. A tratti mi lascio rincuorare dalle poche altre anime lungo il cammino.
A circa un km dalla meta, mentre mi godo l’apparizione del mare in lontananza, una moto mi supera. Deve aver letto i miei pensieri perché dopo pochi secondi torna indietro e mi fa cenno di salire. La mia testardaggine non cede alla tentazione: a questo punto voglio arrivare alla pagoda coi miei piedi.
Le mie aspettative di intravederla vengono tradite dopo ogni curva finche´ un paio di cani mi sorprendono abbaiandomi guardinghi. Un sonoro “welcome” mette a tacere loro e i miei timori. La salita ´e finita, ora c´e´da scendere innumerevoli gradini.
La caccia al tesoro si risolve in una grande spianata sovrastata da un enorme statua di Buddha tra i monti. This must be the place, mi dico.
Un monaco da lontano mi indica un paio di donne che si dirigono timidamente verso di me. Sembrano essere sorprese dal mio arrivo. Vogliono sapere come sono venuta a conoscenza della loro realtà. Menziono i due intrepidi viaggiatori conosciuti in Laos che mi avevano raccomandato questa pagoda come un posto magico. Non avevo voluto sapere di più.
Mi offrono un gelato, una rigenerante doccia e la possibilità di scegliere due degli abiti realizzati dalle persone che vivono nella pagoda. Quella sera il master avrebbe tenuto un discorso sul concetto di “right mind” di fronte a centinaia di persone presenti fisicamente nella pagoda. Altre pagode vietnamite si sarebbero collegate da remoto e io dovevo essere essere vestita secondo i loro canoni. Mi dicono che sono fortunata perché quel giorno il Master avrebbe dovuto essere altrove e invece avevo la possibilità di vivere la sua presenza. Colgo da parte di tutti una profonda ammirazione e rispetto nei suoi confronti.
Sapevo molto poco di lui e non avevo ancora capito perché avevo deciso di trascorrere qualche giorno nella pagoda. Di sicuro la mia curiosità diventava sempre più forte. E la tua?
Al prossimo post per il proseguo della storia!
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