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Immagine del redattoreEmma Nuela

Il passaggio: Lezioni di Vita inattese da una Pagoda tra i Monti

Aggiornamento: 2 giu 2024

************************ sequel del mio precedente post*******************

Devo fare presto, mi dicono. E allora scelgo i primi due abiti della mia taglia e seguo le novizie con passi incerti dentro il mio nuovo look. E per la prima volta nella mia vita indosso la XXL! Non so bene cosa mi aspetta, ma c'è trepidazione nell’aria.


In una sala gremita mi consegnano uno spartito e mi dispongono nel coro. Grazie alla mia statura, conquisto l’ultima fila. Mi informano che canteremo uno dei pezzi composti dal Maestro che presto arriverà. Da qui in avanti, il mio compito sarà osservare attentamente chi mi è attorno e comportarmi di conseguenza.


Un silenzioso inchino del coro, interrotto dalla base musicale, introduce il Maestro. Il suo sguardo serio si trasforma presto in un gioviale incitamento e il coro assume coraggio. L'esibizione viene premiata con una cena vegetariana squisita, al termine della quale il Maestro parla per oltre un’ora in una nuova sala gremita di gente. Io e la novizia che traduce per me, sediamo in fondo, di fronte a un grande monitor all’esterno per non disturbare le centinaia di persone accorse. Siamo troppi per una sola sala. Al termine della lezione sul concetto di "right mind", mi viene detto che la meditazione serale non ci sarà. È ora di prepararsi per il riposo notturno. Ricevo le innumerevoli attenzioni delle mie compagne con tutta la grazia che mi rimane. Eseguo gli ordini senza avere alcuna energia per dissentire.


Il suono di una campana tibetana mi riporta alla dura realtà del pavimento, su cui ritrovoletteralmente me stessa, una cinquantina di novizie assonnate come me e, con gran sorpresa, un'iguana arrampicato su una parete! Le 6 ore di sonno concesse devono essere terminate visto che l’orologio segna le 4 del mattino.


Mi viene fatto cenno di seguire il gruppo. Ci dirigiamo nella notte verso una parte del tempio a me nuova. I colori dei mantelli che indossiamo identificano il nostro grado. Il mio è lo stesso delle novizie che da mesi, a volte anni, vivono nella pagoda. Cerco di ripetere attentamente i loro rituali, ma vengo corretta più volte. L’estrema attenzione ai dettagli delle mie compagne e la mia misera postura durante l’ora di meditazione mettono subito la mia mente e il mio corpo a dura prova. Tutti intorno a me sembrano essere in pace nella posizione del loto, mentre io fallisco tutte le tecniche di meditazione di cui sono a conoscenza. Spero di risollevare il mio animo grazie alla successiva mezz’ora di Qigong, ma le continue correzioni della novizia che ha l’incarico di seguirmi montano ulteriormente il mio livello di frustrazione.


Dopo una deliziosa e rincuorante colazione, inizia il mio turno in cucina. Si tratta di una cucina enorme in cui lavorano almeno una cinquantina di persone. Le donne intorno a me mi istruiscono, spesso solo grazie a gesti e sorrisi. Con alcune riesco a fare gran discorsi in inglese su cosa le ha portate a vivere nella pagoda. Emerge un fortissimo senso di comunità, una strada chiara di fronte, fatta di tante regole, poche domande e una meta ambiziosa: avere una prossima vita migliore di questa.


Il mio pensiero razionale mi porta a voler massimizzare questa di vita, perché è l’unica di cui sono sicura. D’altro canto, mi accorgo che anche per loro il mio modo di vivere è difficile da comprendere. Ad ognuno i propri assiomi, mi dico. Il bello della diversità sta proprio nel sapersi confrontare con rispetto, sospendendo il giudizio e cercando quello che c'è da imparare dagli altri.


Il resto della giornata mi regala tantissime domande. Anche momenti scontati come il pranzo o lavare la biancheria, con tutti i rituali e le regole da rispettare, si rivelano un’avventura. E io ovviamente vengo continuamente corretta. Molte sono le cose che non capisco e mi lasciano perplessa.


Il giorno successivo, durante il mio turno in cucina, decido di esprimere i miei sentimenti. "Sto soffrendo," affermo nel rispondere alla domanda "come stai?". Una monaca ripete le mie parole quasi a cercarne il significato. Inizia a parlottare con una delle monache sedute vicino a lei che, dopo qualche minuto, mi si avvicina timorosa. Non è sicura del suo livello di inglese, mi dice, ma la discussione si fa via via sempre più aperta e sincera. Mentre sbucciamo verdure a me sconosciute, parliamo a lungo:

  • Anche lei, appena arrivata, non riusciva a stare nella posizione del loto. Le ci sono voluti più di 6 mesi di pratica costante perché il suo corpo e la sua mente le permettessero di mantenere la posizione per un’ora.

  • Riuscire a mantenere la posizione del loto non significa riuscire a meditare. Non possiamo sapere cosa gli altri stanno vivendo interiormente, anche se sulla base della loro apparenza ci sembra di saperlo.

  • La frustrazione che proviamo perché ci sembra che gli altri riescano meglio di noi è inutile e infondata. L’unica cosa su cui ha senso focalizzarsi è il nostro mondo interiore.

  • Col tempo, la sofferenza passa, il corpo cambia, la mente pure.

  • Usare cuscini o supporti nella meditazione rallenterebbe il percorso mirato a:

    • vedere la realtà per quello che è - non per quello che siamo!

    • pensare correttamente per poi agire correttamente in modo da poter purificare il nostro karma.

  • Tutto quello che ci succede è una conseguenza del nostro karma. Soprattutto le esperienze negative ci sono utili perché ci danno la possibilità di riparare alle nostre mancanze (nelle vite) passate. Questo modo di pensare, giusto o sbagliato che sia, mi facilita nell'accettare le cose spiacevoli che sto ancora processando e che faccio fatica a comprendere.


Il confronto aperto con persone che mi sembravano così diverse da me mi ricorda che, in fondo, siamo tutti uguali.


Il sentimento di pace che ne scaturisce dura poco, perché una dolorosa notizia dall’Italia mi porta a dovermi confrontare con il tema del lutto. Sebbene la distanza assuma un significato diverso in queste situazioni, nonostante tutte le difficoltà che sto vivendo, sento di essere paradossalmente nel posto giusto per accompagnare da lontano la scomparsa di mio cugino che un senso nella vita sembrava averlo trovato nella famiglia, negli amici e nella sua passione per le moto, poi trasformatasi in un mestiere portato avanti con dedizione fino alla tomba.


Non sta a me dire quale sia il giusto modo di vivere; ognuno sceglie il proprio, incluso quello di essere parte di una comunità religiosa e dedicare questa vita alla prossima. Quello che conta è vivere ognuno secondo i propri valori, seguire quel richiamo che ci porta a prendere una strada piuttosto che un’altra, spesso senza davvero sapere il perché. E se la strada si rivela essere sbagliata, cambiarla. E se ci si ritrova fermi ad un incrocio senza sapere dove andare, sapersi prendere il tempo per chiedersi cosa conta davvero, avendo la fifucia: le risposte prima o poi arrivano. Basta saperle riconoscere.


E tu? Hai mai riflettutto sui tuoi valori? Cosa ti guida quando ti senti perso o non sai quale strada prendere?

Dei temi trattati nel post, quali ti hanno incuriosito di più?

Rispondimi nella sezione commenti o contattami direttamente!



Al prossimo post, per ulteriori riflessioni scaturite dalla mia esperienza nella pagoda.


Nelle foto:

  • io nella pagoda che imparo a fare il tofu

  • l´iguana che spesso divideva il bagno o la stanza con noi!





io che faccio il tofu



il coinquilino iguana

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